lunedì 23 settembre 2013

Hemlock Groove

Premessa
Una delle poche cose che mi ha catturato di questa serie televisiva è il suo essere fuori dall'ordinario comune. Forse perché prodotta da Eli Roth (regista, sceneggiatore e produttore del film Hostel del 2005), forse perché all'interno, tra attori giovani e sconosciuti, sono presenti attori più famosi del panorama dei serial di questi anni, che rendono questo mini seriale televisivo di 13 episodi dai tratti prevalentemente horror donandogli quelle venature drammatiche e tragiche che caratterizzano una cittadina immaginaria e avvolta nel più totale mistero di una famiglia. Tratto da un romanzo di Brian McGreevy.

La trama
La trama principale non ricalca quella classica tra dualismo di Lupi Mannari e Vampiri. Così come il "Drago" non è concepito nel concetto moderno in cui noi lo conosciamo. La prima cosa che mi ha colpito in questo serial è l'uso della parola upyr, conosciuta, forse, nel mondo occidentale seppur è di origine Russa. L'upyr non è altri che una creatura che si ciba della sua stessa madre (o famiglia) una volta divenuto adulto. Conosciuto sia come vampiro che come drago, è indubbiamente uno dei protagonisti/antagonisti di questo telefilm. Un'altra creatura appartenente al folklore europeo (e anche americano tramite leggende indiane e caraibiche) e che è presente nel nostro telefilm è il lupo mannaro (o licantropo). Egli fa la sua comparsa fin dall'inizio ed è uno dei protagonisti della vicenda oltre a ricoprire il ruolo di antagonista nella trama principale. Il primo episodio inizia con la morte di alcune ragazze della cittadina, sbranate violentemente da una bestia feroce e affamata e poco dopo la comparsa nella piccola città della famiglia Rumancek (Peter e la madre). Da qui si diramano delle sottotrama della storia. Dai segreti dei due fratelli Godfrey, in particolare quelli di Olivia, legati al suo passato misterioso, nonché moglie di J.R Godfrey e amante di Norman Godfrey, al legame che intercorre tra Shelley e suo fratello Roman. Al dualismo/antagonismo tra Roman e Peter, riguardo la cugina di Roman, Letha, fino alla comparsa di un ordine misterioso e plurisecolare, quali l'Ordine dei Cavalieri del Drago. La maggior parte di queste sottotrame giungeranno all'ultimo episodio, concludendosi per poi aprire quella che sarà una futura trama per una probabile seconda stagione, mentre la trama principale, quella sugli omicidi, si concluderà poco prima dell'ultimo episodio.

Il cast e la regia
Molti episodi sono stati diretti dallo stesso Eli Roth e la mano sul macabro e su molti dettagli si evince. Molte scene, forse, sono state appesantite e potevano anche evitate di montate, rendendo così alcuni episodi meno pesanti e più scorrevoli. Il cast, come ho detto sopra, presenta molti volti noti e ognuno che ha interpretato al meglio il proprio ruolo. Ricordiamo, tra i tanti, Kandyse McClure e Aaron Douglas, entrambi provenienti dall'esperienza di Battlestar Galactica (uno dei migliori reebot) e che hanno messo la loro esperienza in questo nuovo scenario. Un attore un po' meno incline ai serial, a decisamente dal volto più noto è Dougray Scott, che qui interpreta un psicologo, Norman Godfrey, alle prese dei suoi dissidi interni, nell'aver coscienza di aver tradito la moglie e di non sapersi imporre sulla cognata, nonché amante Famke Janssen, la Jean Grey del film X-Men, qui alle prese con un ruolo più enigmatico, misterioso e sanguinario. Infine è presente, come mentore di nuovi attori, Lili Taylor, nel ruolo di una saggia madre romena. A far da contorno a questi visi conosciuti vi sono visi più giovani, quali Landon Liboiron e Bill Skarsgard, che tengono testa ai loro colleghi più anziani.

Conclusioni
Il telefilm è di produzione della Netflix che, all'epoca, decise di farlo uscire in un unico giorno via web, sul suo sito (scelta al quanto discutibile a mio parere). ogni puntata dura dai 40 ai 60 minuti e il più delle volte alcune scene sono pesanti ed obsolete. In complesso, la scelta del cast, la problematica sul razzismo riguardo zingari in una comunità, le varie trame che si diramano, i dialoghi e il finale complessivo del serial, rendono piacevole questa prima stagione permettendomi così di dare un giudizio positivo. 

domenica 1 settembre 2013

Il dio Lugh e il Corvo - Una leggenda Celtica

Premessa
Il corvo, come il gatto nero, nella concezione moderna è legato a eventi nefasti e portatore di malasorte. Questo è dovuto, per lo più al colore delle sue piume. Nelle culture e nelle mitologie dei popoli, dalla Grecia alla Francia e alla Germania, passando per le lande Inglesi, un tempo popolate da popoli celtici e fino ad arrivare alle terre dei nativi americani, il corvo assume diversi significati tra cui quello profetico, legato al mondo dei morti, messaggero e legato ad alcune divinità. Nella mitologia orientale è legata molto al Sole. Nella cultura norrena, invece, vediamo che esso è il messaggero di Odino, ogni mattina il Dio Padre degli Dei manda i suoi due corvi Huginn e Murinn nel mondo degli uomini e al calar del sole questi fanno ritorno e raccontano alla divinità tutto ciò che hanno visto. Lo si incontra anche in un mito greco (che per molti versi ricorda quello celtico che sarà narrato qui) legato al Dio Apollo. Lo si incontra anche nella religione cristiana e in quella ebraica, non sempre in negativo. Nel caso vi trovate a Londra, andate a visitare la Torre di Londra, la cui presenza di tali corvi in questo complesso è legata ad una leggenda, tant'è vero che Re Carlo preferì spostare l'osservatorio da Londra a Greenwich piuttosto che i corvi.


Qui di seguito verrà narrata una leggenda celtica riguardante il piumaggio nero del corvo. Come ho detto sopra, ricorda per molti versi quella greca legata al Dio Apollo. Lugh era una divinità legata alal luce, infatti, nel calendario celtico, il Lughnasad era dedicata a lui. Inoltre aveva poteri di divinazione e, il corvo, era il suo più fedele amico nonché l’animale che lo rappresentava (in quanto simbolo di saggezza), insieme al cinghiale (simbolo di forza e tanacia).

Lugh il Luminoso e il Corvo
Si narra che il corvo un tempo avesse le piume di color bianco ed era l’animale di compagnia preferito del Dio Lugh. Un giorno, dovendosi assentare, il dio lasciò compito al corvo di sorvegliare la propria amata, perché non giacesse con altri uomini. Fu così che la ragazza tradì la fiducia del suo amato Dio e chiese al corvo di mantenere il segreto su quel tradimento. La creatura, dalle piume candide come la neve, acconsentì e, quando tornò il suo padrone gli mentì riguardo l’amata. Lugh, che aveva il potere della divinazione, scoprì l’inganno del corvo e lo condannò da allora ad avere le piume nere e ad obbedirgli ciecamente.

Altre leggende celtiche
Altre leggende legate al corvo nella mitologia celtica le possiamo trovare nel Mabinogion dove è legato alle figure di Bran Vendigeit e della sorella Branwen, rispettivamente Bran il Benedetto e Bianco Corvo. Tali figure sono legate al calderone magico che era in grado di riportare in vita i morti. In un racconto irlandese, invece, il corvo prende un significato completamente negativo. Infatti esso compare sulla spalla dell'Eroe Cù Chulain, appoggiandosi sulla sua spalla nel momento della morte, dopo che rifiutò i favori sessuali della Dea Morrigan.

sabato 6 luglio 2013

Il mito di Tyr - il dio valoroso

Presentazione
Prima di scrivere tale post, è meglio che mi presenti. Quando si tratterà di miti, leggende e altre sciocchezze simili, scriverò io, l'alter ego immaginario del nostro Padrone del Blog. Non spaventatevi. Non è morto, è solo andato in letargo per il momento. Così come il blog, causa motivi suoi personali. Indi, come ho detto, mi presento: mi chiamo Wylt e questo è primo post che faccio. Tratterà di una divinità nordica, vichinga che non sia il solito Thor, Loki o Odino e che ovviamente non è di secondo piano.

Riguardo al mio nome, Wylt è una parola di origine celtica e significa "Selvaggio". Ho usato questo nick, in quanto, Mago merlino (uno dei miei personaggi preferiti del ciclo arturiano) veniva identificato come Wylt Myrddin, ovvero merlino il Selvaggio. Detto ciò, vi auguro una buona lettura.

Il mito di Tyr
Tyr (che significa Dio), nella mitologia nordica, è un dio che appartiene alla stirpe degli Asi (ovvero divinità, dei, signori del cielo). Figlio di Odino secondo alcune fonti, secondo altre è figlio del gigante Ymir. Egli è definito il più corragioso, valoroso e sapiente degli dei. Infatti, è lui a decidere le sorti di una battaglia e se i guerrrieri vogliono avere il suo favore, devono incidere la Runa di Tyr (a forma di lancia, tiwaz) deve essere incisa sull'elsa della spada ed invocare due volte la divinità:

"...Devi imparare le rune della vittoria,
se vuoi ottenere il trionfo
e inciderle sull'elsa della spada
alcune sul davanti della lama e altre sul dorso,
e poi invocare per due volte Tyr."
 (Dall'Edda di Snorri, dialogo di Sigfrida)

Il suo corrispettivo Greco è il Dio Marte. Infatti, martedì (giorno di Marte) in lingua nordica veniva indicato come come tisdagr. Tyr, inoltre, doveva essere la divinità che presiedeva le assemblee, non a caso molti luoghi nordici che erano adibiti per le assembe venivano consacrati a Tyr o ne portano il suo nome.Tyr è ricordato e citato in molti miti e viene ricordato come il dio monco, in quanto sacrificò la sua mano per rendere possibile il mantenimento dell'ordine cosmico. Nel Ragnarok egli combatterà contro il cane infernale Garmr, dove periranno entrambi in un duello mortale.

- Fenrir
La leggenda narra che Loki ebbe tre figli dopo che mangiò il cuore di Angrobda, dopo averlo trovato tra le ceneri della stessa gigantessa. Quando giunse il tempo diede alla luce tre figli: il lupo Fenrir, il serpente Jormungadr e la fanciulla Hel (unica dei tre figli ad avere un aspetto umano). Quando gli Asi seppero di questa nascita ascoltarono le profezie e seppero che, da queste creature cresciute nello Jothumreir, non poteva venire altro che dolore. Così presero le giuste decisioni. Il Serpente Jormungadr fu buttato nell'oceano che copriva le terre esterne. tale gesto, invece di uccidere il serpente, lo rese più forte. Infatti crebbe a dismisura e, quando le sue fauci giunsero alal sua coda, la serrò in un morso e venne chiamato Midgardsormr, il serpente di Midgard. Diverso destino ebbe Hel, Odino la mando nel Niflheirm, dandole potere sui nove mondi e facendola divenire la dea defunti. Infine tocco al lupo Fenrir, il quale fu predetto che avrebbe ucciso Odino al crepuscolo degli Dei. Decisero quindi incatenarlo, ma sorse un problema, il lupo cresceva a vista occhio man amno che passava il tempo, divenendo sempre più grande e spezzando ogni catena che gli veniva posta al collo. FU così che fu sfidato per ben tre volte. Le prime due volte fu incatenato con Lodingr e in seguito con Dromi, entrambe forgiate dagli Asi, entrambe resistenti, entrambe facilmente spezzate dal lupo. 
Gli Asi allora si rivolsero ai nani, i quali forgiarono Gleipnr, sottile e morbida ma resistente. Fu forgiata con barba di donna, rumore di gatto, radice di roccia, tendini d'orso, respiro di pesce e latte di uccello. Fu così portata a Fenrir, il quale venne sfidato una terza volta. il lupo, avvenendosi della del laccio sottile, fiutò l'inganno. Gli Asi cercarono a lungo di convincere il lupo che, alla fine cedette di farsi legare con la catena e tentare di spezzarla, a patto che uno degli Asi mettesse la sua mano tra le fauci del lupo. L'unico degli Asi che avanzò dinanzi al lupo fu Tyr e, con coraggio, stese la mano destra, posandola tra le fauci del lupo. Il lupo venne legato e più provava a liberarsi, più la catena si stringeva al suo corpo e alle sue zampe. Quando fu reso all'impotenza e si arrese, gli Asi erano compiaciuti, eccetto Tyr che eprse la mano, ingurgitata dal lupo non appena capì di essere stato  ingannato. La legegnda vuole che Fenrir fu legato ad un masso e, durante l'operazione, per impedire che il lupo continuasse a tentare di azzannarli gli fu conficcata una spada tra le fauci, costringendolo a tenerle aperte.

Bibliografia:
Foto: I figli di Loki (Emil Dupler, 1905)
Tyr e Fenrir (Jhon Bauer, 1911)
Notizie tratte da : Bifrost; I Miti nordici (Chiesa Isnardi, Longanesi); Miti del Nord (Guasco, Demetra)

lunedì 24 giugno 2013

House on Hauntend Hill - La casa dei fantasmi (1959)

Premessa
In quanti di voi appena sentono parlare di "La Casa dei Fantasmi" pensano al film di Eddie Murphy del 2003. Non alzate le mani, che non vi posso vedere - battuta. Ebbene, per i cultori dell'Horror, di quello puro, quello che va dall'inizio del cinema fino alla fine degli anni '90, il titolo House on Haunted Hill dovrebbe appunto richiamarvi alla memoria una delle migliori perfomance di Vincent Price, costeggiato da attori del calibro di Elisha Cook e Alan Marshal. Tale film lo conobbi vedendo il remake del 1999, "Il mistero della casa sulla collina", un bel remake tra l'altro.

Trama
Il film inizia con un primo piano di Watson Pritchard (Elisha Cook) su sfondo nero che racconta, in breve, la storia della villa, di cui lui ne è proprietario, e degli efferati omicidi che vi sono all'interno delle sue mura nel corso di quei 2 secoli. [mettere foto] dall'espressione dell'attore e dalla sua voce, si evince l'angoscia che egli ha vissuto in prima persona riuscendo a sopravvivere l'ultima volta che vi ha soggiornato. Subito dopo la presentazione della villa, ecco che ne vediamo le fattezze della stessa per poi vedere in sovrimpressione il milionario Frederick Loren (Vincent Price) che racconta in breve del perché i protagonisti della vicenda si ritroveranno in quel luogo. In totale saranno sette persone, invitate alla festa di compleanno della bellissima moglie di Frederick Loren, Annabelle (Carol Ohmart). Il susseguirsi delle scene, dalla presentazione delle precedenti morti (da notare la descrizione dell'assassinio di una donna nel tinello del vino, colmo di acido e tutt'ora la vasca era colma di acido da corrodere il corpo fino alle ossa) fino al suicidio della signora Loren, portano ad un finale a sorpresa e agghiacciante.


La regia è di William Castle, famoso per Emergo e Percepto, due sue trovate (alquanto geniali, a mio parere)  che portavano le medesime sensazioni dei protagonisti allo spettatore della sala cinematografica. non a caso, il trucco Emergo (uno scheletro luccicante che sventolava sulle teste del pubblico in momenti di black out) fu usato in questo suo film. Castle è anche famoso per aver prodotto Rosemary's Baby, di Roman Polansky.


Vincent Price è famoso per le sue interpretazioni nei film di Corman agli inizi degli anni 60 (la maggior parte tratta da racconti e poesie di E. A. Poe) e nella parte dell'inventore/padre di Jhonny Deep in Edward mani di forbice. Elisha Cook, invece, è famoso, oltre per le sue parti drammatiche, anche per film come Il mistero del falco (con  Humphrey Bogart), Rapina a mano armata (di Stanley Kubrik), Il grande Gatsby (del 1949).



Il film è godibile e non stanca. le parti agghiaccianti non mancano e le descrizioni fatte da Cook degli efferati omicidi accaduti in passato nella villa fanno venire i brividi sulla pelle. Il film, ovviamente, è in B/N, ma da quel tocco di antico che non guasta, in particolar modo per gli arredi presenti nella villa. la trama, inoltre, non presenta vuoti nel finale, ovvero lo spettatore rimarrà soddisfatto per la soluzione e la risposta alle varie domande che nascono durante la visione. indi vi auguro una buona visione e a presto.

domenica 23 giugno 2013

The Black Cat - Muffin e le sue avventure

Premessa
Nella storia della letteratura, il gatto nero è stato fonte di ispirazione per molti scrittori e, in seguito, protagonista di molti film Horror/Thriller. Tra i molti ricordiamo il più famoso, The Black Cat di E. A . Poe per poi andare a S. King, medesimo titolo, racconto diverso. Dapprima osannati come delle divinità in Egitto, la dea gatto Bastet, fino a divenire perseguitati con le loro padrone credute streghe, il gatto nero non nutre di buona fama di questi tempi, in quanto si crede che se un gatto nero ti attraversa la strada una sfortuna può capitarti. Ovviamente è solo una credenza popolare nata, appunto, nei secoli della caccia alle streghe.

Chi è Muffin?
Muffin è un gatto nero, esiste realmente e abita, appunto, a casa dello scrittore di cui narra le sue avventure e i suoi dialoghi con suddetto gatto. Vispo e vivace come ogni gatto che si rispetti e schivo e diffidente come ogni randagio che è stato trovato in difficoltà, abbandonato a se stesso. Il libro, "Discorsi filosofici con il mio gatto domestico", scritto da Domenico Cosentino, classe 1982, e edito dalla Paladino Editore, è stampato interamente su carta riciclata. La lettura è scorrevole e non consta di molte pagine. Il libro può stare comodamente in tasca e può risultarsi un'ottimo compagno di viaggio in quanto si può leggere in poco tempo. Le breve avventure, che si diramano nell'arco del primo anno di vita, sono molteplici e vanno dalle conoscenze del gatto con i suoi nuovi padroni, in seguito genitori adottivi, passando alla complicità a Poker con l'autore, in cambio di una lauta ricompensa, alla gelosia che egli prova nel vedere i suoi genitori con i propri fidanzati o fidanzate. Il libro viene accompagnato dalle raffigurazioni di Marco Moscato.

L'autore
Domenico Cosentino nacque a Pomigliano d'Arco nel 1982. Ha già pubblicato altri libri (tra i quali Meglio per tutti dare la colpa a me e A Kind of Blues). Il colorito del suo linguaggio che accompagna distintamente i suoi libri - e anche la sua vita quotidiana - si possono ricondurre al suo mentore tedesco Bukowski. Altre notizie sull'autore e sui suoi libri li potete trovare sul suo Sito Web, nonché, sullo stesso sito, potete trovare delle poesie carine scritte dallo stesso Domenico, in arte Nico.


Buona Lettura e Buona Domenica!

domenica 16 giugno 2013

Domenica di puro terrore - Draghi e Vampiri

Premessa
Qualche settimana fa ho visto una serie televisiva prodotta da Eli Roth (ndr. regista di Hostel e di altri film Horror/Splatter) di nome Hemlock Grove (ancora inedita in italiano). Molto carina e la storia si sussegue molto bene, con un finale di stagione che, nonostante lasci un amaro in bocca, mi ha pienamente soddisfatto (e credetemi ce ne vuole). In ogni caso non voglio parlarvi di Hemlock Grove, ma di come il destino certe volte guida i nostri passi e le nostre scelte. Domenica scorsa ero andato alla Feltrinelli della mia città, per vedere se avevano un libro (I miti Nordici di Chiesa Isnardi) e il mio occhio era caduto anche su una raccolta di Leggende e Storie della mia Napoli. Preciso che il secondo lo devo ancora leggere a causa del primo che, insieme allo studio, sta prendendo il mio tempo. In ogni caso, una delle leggende che mi ha particolarmente colpito è "Draghi, Dragoni e vampiri napoletani". Di vampiri e delle creature mitologiche quali i draghi ne parleremo specificatamente in futuro. Ciò che mi ha colpito è che questa leggenda di questa raccolta - edita qualche mese prima che Hemlock Grove uscisse in rete - raccolga alcuni punti in comune con la serie sopracitata. Questi punti in comune sono:

- Draghi;
- Vampiri;
- L'ordine del Drago;

Andiamo per ordine.

L'ordine del Drago
L'ordine del Drago è un ordine che nasce agli inizi del '400 e fondato da figure illustre nell'Est Europa. Tra i fondatori figura anche il famoso Vlad II Dracul, padre del più ancora famoso Vlad III di Vallacchia, conosicuto come l'Impalatore o meglio ancora come Dracula nel romanzo di Bram Stoker. L'ordine nacque per fermare l'avanzata turca in occidente e, alcuni leader europei dell'epoca decisero di farne parte per combattere anche mori e altre etnie o religioni che erano viste come pericolo al cristianesimo. Il simbolo è quello di un Dragone la cui coda arriva fino sopra la schiena e viene fatta arrotolare intorno al collo.
Il dragone è anche il simbolo di una delle più potenti famiglie nobiliari dell'epoca, gli Aragonesi, che dominavano all'epoca gran parte del Mediterraneo. San Giorgio, la cui storia (o leggenda) vuole che abbia ammazzato un Drago e messo fine alle sventure di una popolazione, è il protettore di Aragona. Dallo stesso San Giorgio, nella lontana Ungheria, nascerà un ordine cavaleresco di nome, appunto, Ordine di San Giorgio da cui trarrà poi ispirazione l'Ordine del Drago. Ebbene è proprio questo Ordine che lega i Vampiri con i Draghi.

Draghi
Da quel che sembra il territorio campano è disseminato di testimonianze in cui questi esseri siano vissuti. Il santo Patrono di Sorrento è Sant'Antonino, di cui vi è una chiesa omonima nella medesima città, ovviamente, al cui interno vi sono custodite quelle che dovrebbero essere due costole di un Drago.

Nel territorio casertano esiste una cittadina sul lungomare denominata Mondragone (Monte del Dragone) dove abitava una famiglia dei Dragoni che aveva un castello sul Monte Petrino dove si rifugiarono durante le invasioni barbariche. 

Nel 1971, un incendio colpì una zona limitrofa dove, alcuni testimoni, raccontarono di aver visto un rettile lungo circa cinque metro, un corno lungo trenta centimetri sporgente dalla fronte e dalla cui bocca uscivano fiamme.
Come già citato sopra il Drago sovrasta anche i vari stemmi napoletani, tra cui quello degli Aragonesi.

Vampiri
Ebbene si! Vlad III l'Impalatore aveva una figlia. La leggenda vuole che egli donò la sua anima al diavolo per rivedere la moglie e la figlia, la prima morta per mano dei turchi, la seconda scomparsa (o rapita) dagli zingari. Sempre secondo la leggenda, la figlia, tramite un patto, fu portata a Napoli e protetta dalla corte di Re Alfonso di Aragona, cresciuta come sua figlia adottiva e, in seguito, sposa del suo nipote Giacomo Alfonso Ferrillo, conte di Muro Lucano e Signore di Acerenza.
Il nome della ragazza è Maria Balsa e una sua raffigurazione la troviamo nella cattedrale di Acerenza, dove fu sepolta insieme al suo segreto. Di lei non si sa quasi niente se non che era la figlia di un despota vissuto tra la Serbia e l'Ungheria (e l'unico in quell'epoca era appunto Vlad III). Tra le altre cose, nella cripta della famiglia Ferrillo - Balsa, vi troviamo il suo stemma: un Dragone con le ali di pipistrello (il drago era anche lo stemma di Vlad II Dracul, il cui cognome era Balsarad).

Nella cattedrale, inoltre troviamo molte altre raffigurazioni che possono richiamare lo stesso Vlad III o addirittura leggende a lui legato. Tra cui l'immagine del Demone Lilith, prima moglie di Adamo e generatrice di un vampiro, secondo la leggenda. La stessa Balsa viene raffigurata in un dipinto che sovrasta un Dragone e il fatto che fu adottata da Alfonso d'Aragona, il quale apparteneva a duna famiglia che faceva parte dell'Ordine del Drago, ordine di cui faceva parte lo stesso Vlad III, fa pensare che Maria Balsa sia appunto la figlia dispersa del conte Dracula.



Conclusioni
E' una storia che, a mio parere può essere approfondita e che può essere un bello spunto per uno scrittore. Gli ingredienti ci sono tutti: Mistero, Suspence, Storia,Guerre, Patti Segreti, ordini Cavallereschi. Io un pensierino lo sto facendo, non so voi. In ogni caso, il destino, ha voluto farmi conoscere questa leggenda napoletana che, in un certo modo, indirettamente, Eli Roth abbia preso spunto. In ogni caso la cattedrale di Acerenza è un luogo da visitare. Buona Domenica e alla prossima.

Fonti:
Immagini:
Ordine del Drago - Stemma dell'Ordine del Drago
Draghi - San Giorgio e il Drago - Dipinto del XIV secolo, San Zeno, Verona
Vampiri - particolari della Cripta Ferrillo - Balsa nella cattedrale di Aceranza.

sabato 18 maggio 2013

Four Rooms - Un fattorino sull'orlo di una crisi di nervi.


Correva l'anno 1995 e un giovane Tim Roth, fresco di due successi quali Pulp Fiction e Le Iene, entrambi successi del regista Quentin Tarantino, firma il contratto per quello che sarebbe stato un film ad episodio, con lui come protagonista, nonché legame dei suddetti episodi. L'episodio principale è quello che vede il giovane Ted, fattorino dell'Hotel Mon Signor di Hollywood, che viene istruito dal factotum precedente, in procinto ad andare in pensione, su cosa deve fare e non deve fare, su come prendere la mancia e come deve sempre sorridere.


La Prima Stanza - Strano Intruglio

Una delle raccomandazione è quella di non andare a letto con le clienti - detto in un modo più colorito dal fattorino precedente. Questo episodio si incentra su una congrega di streghe, guidate da una splendida Valeria Golino , che attraverso un rituale cerca di annullare un maleficio su quella che è la loro strega - guida: la Dea Diana. Tra il portare nelle stanza le varie valigie delle singole streghe - che arrivano a distanza l'una dall'altra. In un primo momento Ted fa il suo dovere da fattorino, portando le loro borse nella stanza da loro affittata. All'arrivo di Eva, il rituale ha inizio e, appunto questa strega giunta per ultima, sale sull'altare e avvisa alle altre che non è riuscita a reperire il suo ingrediente per il rituale: sperma di uomo. In  quel momento, Ted, che era tornato nella stanza a recapitare delle cose che Atena (Valeria Golino) gli aveva chiesto si ritrova invischiato nel rituale, trasgredendo ad una delle regole che gli avevano raccomandato di non rompere. Consumato il rapporto nella fontana dove avviene il rituale, le streghe possono completarlo e far ritornare la loro Dea in vita.

                                           

Episodio ben riuscito, a mio dire, diretto da Allison Anders e con una splendida Valeria Golino come controparte femminile.

La Seconda Stanza - L'Uomo Sbagliato.

Ted viene chiamato dalla stanza 409 per portare loro del ghiaccio. Ma i clienti sbagliano a dargli il numero della stanza e si ritrova dinanzi alla 404 dove una volta entrato nella stanza, si ritrova una pistola puntata in pieno volto, una donna legata alla sedia e imbavagliata (Jessica Beals). Tra le varie vicissitudini, Ted - che si ritrova coinvolto in una spirale di scambio di persona, in quanto il marito attendeva l'amante della moglie che, appunto, si chiama Ted - riesce a fuggire dalla stanza. La scenetta in cui vengono elencati i vari nomi in cui si può chiamare il pene è un qualcosa di allucinante.

                                        

In questo episodio, diretto da Rockwell, troviamo una splendida Beals nella parte della moglie accusata di tradimento e un splendido David Proval nella parte di Sigfrido, il marito geloso. Non è il migliore dei 4 sicuramente, ma l'irrealtà di alcune scene fa da preludio per l'episodio successivo.

La Terza Stanza - I Maleducati.

Cosa c'è di peggio per un fattorino badare da solo ad un itero Hotel? Semplice, fare da Baby Sitter a dei bambini viziati e annoiati oltre a badare all'intero Hotel, anche se per una cospicua mancia. Andato nella stanza per portare del champagne da loro ordinato, Ted, stavolta, viene convinto a badare ai figli di una cliente che vanno al party di capodanno. I ragazzi, alquanto irrequieti, portano Ted all'esasperazione per una sfortuna serie di eventi finali che porteranno al ritorno dei genitori dei bambini. Non mi metto a descrivere la scena, in quanto è sicuramente una delle più esilaranti del film, ma spero che l'immagine che ho postato parli chiaro.

Terzo Episodio diretto da Antonio Banderas, dove interpreta la parte del padre dei bambini. L'episodio si basa su un susseguirsi di eventi creati dagli stessi bambini e sull'equivocità del finale. Forse il più divertente dei 4 episodi.

La Quarta Stanza - L'uomo di Hollywood

Ultimo episodio del film, basato totalmente su una scena del film L'uomo del Sud di Hitchcock. Ted, oramai in procinto di licenziarsi, mentre al telefono con il suo capo Betty, suona il citofono dell'attico preso in affitto dal produttore Chester Rush. Una volta giunto all'attico e svolto il suo compito - dove rincontra Jessica Beals, viene convinto, sotto lauta ricompensa, a partecipare ad una scommessa come giudice. Il suo compito è quello di dover Tagliare il mignolo a Norman nel caso in cui non riesca ad accendere il suo accendino 10 volte di seguito. Il susseguirsi della scena finale e da come Ted si allontana dalla stanza si evince il crollo emotivo del personaggio, avendo passato una notte all'insegna trasgredire regole e nel trovarsi in situazioni spiacevoli.

Questo ultimo episodio, diretto da Quentin Tarantino, vede come protagonisti un Bruce Willis (non accreditato) e un Paul Calderon (non accreditato) oltre allo stesso Tarantino nella parte di Rush. L'episodio è molto surreale e dura poco meno di mezzora. Purtroppo nella copia che ho visionato, la parte in cui Tarantino ripete in continuazione la parola "fuck", è completamente in inglese, il che rende questo episodio, per chi non conosce la lingua "seccante" per alcuni tratti.


Conclusioni
Il film è decisamente ben riuscito, e l'episodio diretto a Tarantino mostra un regista all'apice della carriera. Mentre vediamo un susseguirsi di giovani attori (Tim Roth, Banderas, Golino, Beals) che hanno fatto la fortuna di registi e produttori tra il finire degli anni 80 e l'inizio degli anni 90. nel film vediamo anche una provetta Marisa Tomei (Oscar in Mio cugino Vincenzo) e un Bruce Willis, stavolta in un ruolo tranquillo. Consiglierei di guardarlo nel caso in cui una sera di queste siete annoiati e siete stufi dei soliti film.

sabato 11 maggio 2013

Narrativa italiana - I Fiori di Spagna

Antefatto
Correva l'estate del 2007 quando un paio di amici miei decisero di partire per la Spagna, alla volta di Valencia e di Benidorm, aggregandosi al gruppo di una scuola di ballo di cui facevano parte. Uno di questi miei amici, Michelangelo Di Maio, decise di scrivere un libro e di pubblicarlo. Cambiò i nomi dei ragazzi e delel ragazze che compaiono dentro e lo pubblicò nel 2008.

Il romanzo è tipico della narrativa italiana di quel periodo ed è strutturato in quattro parti, con l'apertura e la chiusura di due poesie - molto belle tra l'altro. La prima parte tratta di Valencia, città tranquilla all'insegna del turismo e delle passeggiate sul mare fino alla volta di partire per Benidorm. 
"Benidorm, caotica, rumorosa, apocalittica, sboccia all'orrizonte, come una rosa a primavera, con il bus che taglia in due la città come un frutto di stagione che ora dobbiamo gustare fino in fondo...ci siamo lasciati alle spalle la straordinaria Valencia per buttarci in questa città di sprechi e d'inutilità". E' così che inizia la seconda parte, riguardante Benidorm, che lascia presagire di cosa tratterà questo breve capitolo sulla città. sul loro arrivo e sulle loro storie. L'ultimo capitolo del libro, intitolato Occhi, si incentra sulla figura femminile di Sabrina, una ragazza che hanno incontrato a Valencia e che hanno deciso di ospitare a Benidorm. L'ultima parte, Guerra e Pace, tratta degli ultimi giorni a Benidorm, dedicati a a farsi scherzi tra di loro per poi infine ripartire per la volta dell'Italia.

Come avrete capito il libro non ebbe molto successo, tant'è vero che il mio amico non è che ci aveva fatto un grosso pensiero e a distanza di anni credevamo che non fosse più in circolo. L'altro giorno capitò che ne stavo parlando con una nostra amica, conosciuta da poco, ed è venuto fuori appunto questa storia e, per mostrarle il libro feci la ricerca su google - mi ricordavo che stava sul catalogo dell'ibs - e venne fuori che il libro è disponibile tramite acquisto online presso la Feltrinelli - oltre sul sito di Amazon.

Pubblicizzo questo libro sia perché il mio amico merita, sia perché fu quell'anno che rivide un suo caro amico - anche citato nel libro - e che in seguito ci ha fatto conoscere.




Un post scriptum sul Blog:
Seppur pochi ed è ancora presto parlarne, ho notato che i post sull'optoelettronica sono quelli più visti. La cosa mi fa piacere.

mercoledì 8 maggio 2013

Optoelettronica - Richiami dell'ottica Geometrica


Otttica geometrica
Un sistema formato lenti e specchi è detto sistema ottico. In tale sistema ottico (che può essere un mezzo omogeneo) si propaga la luce mediante raggi rettilinei (indi fenomeni diffrattivi trascurabili) e tra loro indipendenti. Andiamo a riassumere le due principali leggi dell’ottica geometrica, tra i tanti fenomeni che studia.

Legge della riflessione
Prendiamo in considerazione una superficie riflettente e la normale ad essa. Se un raggio luminoso colpisce la superficie riflettente, con angolo θi  (formato dalla normale alla superficie e dal raggio luminoso) detto angolo d’incidenza è uguale all’angolo θr, formato dal raggio riflesso e la normale alla superficie.



Legge della rifrazione o Legge di Snell


Aventi due mezzi trasparenti aventi indice di rifrazione rispettivamente n1 e n2 e separati da una superficie. Se un raggio luminoso incide su tale superficie di separazione si vengono a formare due raggi. Il primo, che si propaga nel primo mezzo è il raggio riflesso. Il secondo, che si propaga nel secondo mezzo, è il raggio rifratto. Se la superficie di separazione fosse opaca si propagherebbe solo il raggio riflesso (e quindi vale quanto detto sopra). Nel nostro caso, la superficie di separazione è trasparente e quindi il raggio luminoso si propaga anche nel secondo mezzo e il raggio rifratto va a formare con la normale alla superficie un angolo θ2, che obbedisce alla seguente legge (denominata Legge di Snell):


n1senθ1 = n2senθ2

Ricordiamo che l’indice di rifrazione è pari al rapporto tra la velocità della luce e la velocità della luce nel mezzo:

 Indi si ha:

Osservazioni:
Angolo critico (o di limite) e angolo di Brewster
Partendo dalla relazione: 
si distinguono due casi.

n1>n2 (o n<1)
Si parla di angolo critico quando l’indice di rifrazione del mezzo 1 è maggiore all’indice di rifrazione del mezzo 2. In questo caso si ha un fenomeno di riflessione (interna) totale. L’angolo θ1, per il quale risulta senθ2=1 prende il nome di angolo critico. In questo caso non si trasmette più potenza nel mezzo 2 ma viene tutta riflessa.
n2>n1 (o n>1)
In questo caso si parla di angolo di Brewster (o angolo di polarizzazione) e il raggio si trasmette nel secondo mezzo e tale onda riflessa è polarizzata perpendicolarmente al piano di incidenza.

Vedremo nel dettaglio tali nozioni nell’appendice. 
Nel caso in cui è valida la relazione
si ricorre alla teoria della diffrazione.

lunedì 6 maggio 2013

La scrittura e i Blog - Ganimede

Cosa scrivere?
Me lo sono chiesto da un po', da prima che aprissi questo blog. Nonostante ciò, non ho ancora trovato risposta a tale domande. L'idea di questo Blog nasce nel mettere insieme i miei interessi e i miei studi. Infatti, avevo iniziato a pubblicare degli appunti di Optoelettronica - di cui il seguito sono pronti da un po' - ma vuoi per impegni o per altre cose, ho sempre rimandato. Così come avevo intenzione di recensire - notare la parola - libri che ho letto, film che ho visto, telefilm che sto seguendo o che ho seguito - al momento sto rivedendo Gli Orrori del castello di Norimberga (di Mario Bava, anno 1972) o qualche giorno fa, ad esempio, ho visto I Delitti del gatto nero (dove si vedono brillare due stelle del cinema anni '90: Christian Slater e Steve Buscemi), film trovato per caso e che mi è piaciuto. 

Ovviamente i miei gusti non si limitano agli horror o ai thriller. 
E sinceramente non ho creato questo post per parlarvi di Film.

Non sono nemmeno abituato a scrivere dei fatti miei sui blog, in ogni caso. potrei raccontarvi delle meravigliose peripezie di come un libro di Morley sia giunto nella mia biblioteca, invece che in quella di una mia amica, come regalo della sua prossima Laurea. ma non ve le racconto. Non vi racconterò nemmeno di come ho ripreso a scrivere - con tanti buchi narrativi, tra le altre cose.

Invece vi narrerò del perché ho scelto tale nome per il Blog, cosa che avrei dovuto fare dal primo post ma, preso dalla foga, mi sarà passato di mente.

Il mito di Ganimede
Nell'antica Grecia, e forse anche prima, la sera non si sapeva cosa fare se non proliferare, andare in giro per la città - possibilmente ubriachi - e guardare le stelle. I nomi delle costellazioni che sono giunte fino a noi derivano dai Greci, dai Romani, dai Sumeri e da tutte quelle antiche civiltà che in un modo o nell'altro, chi per passatempo, chi per studio e chi per lavoro (vedi i navigatori fenici) usavano le costellazioni e le stelle per la navigazione notturna. I greci erano abbastanza fantasiosi nel guardar le stelle e far loro assumere la forma desiderata e lo erano ancor di più quando, il curioso di turno, chiedeva del perché le stelle fossero lì nel cielo. La risposta che gli antichi greci diedero a tale domanda fu univoca: Zeus, il padre degli Dei, per ricordare le gesta di antichi Eroi o di prodigiosi animali che in un modo o nell'altro sono stati resi partecipi di una gloriosa avventura (ad esempio i cani di Orione o lo Scorpione) usava il cielo come Memo. In pratica "scagliava" - passatemi il termine - in cielo la figura dell'Eroe o dell'animale di turno. Anche Ganimede, che era il più bel ragazzo della Grecia a quell'epoca - da notare che era anche il figlio di Troy, colui che fondò la più famosa città di Troia - ha il suo posto in cielo ed è associato con il segno zodiacale dell'Acquario. Questo perché Ganimede era il coppiere degli Dei e dato che la costellazione dell'acquario viene raffigurata in cielo con l'immagine stereotipata di un'anfora che rovescia il suo liquido direttamente in bocca alla costellazione dei pesci. Ovviamente Ganimede non si trova lì solo perché era più bello dei mortali che ebbe l'onore di riempire le coppe degli Dei, altrimenti anche la Dea Ebe avrebbe il suo posto nella notte stellata. Ganimede era anche anche l'amante di Zeus. Vi spiego meglio, Zeus, un giorno, guardò giù dall'olimpo e vide Ganimede che pascolava il gregge del padre tra i pascoli. Se ne invaghì a prima vista e, mutatosi in'aquila possente - da notare che la costellazione dell'aquila si trova nelle vicinanze della costellazione dell'Acquario - discese in picchiata sul giovane mortale, rapendolo e portandolo sull'Olimpo, dove lo fece suo amante e coppiere degli Dei.

Tra le altre cose è con questa leggenda che i greci spiegavano l'aspetto pederastico che vigeva in quel periodo nelle città-stato. Ma su questo vi era un dibattito dove si vedevano fronteggiare Platone e Socrate da  che accusavano i cretesi di aver inventato questo mito per dar una giustificazione ai loro comportamenti.

Essendo il sottoscritto nato sotto il segno dell'acquario e, dato che sono un amante delle Aquile, ho scelto questo nome, "Le storie di Ganimede", in quanto lega due cose che mi appassionano.

Vi lascio qui e vi auguro buona serata.

martedì 19 marzo 2013

Optoelettronica - Introduzione


Introduzione

L'optoelettronica è, come dice il nome, lo studio dei dispositivi elettronici soggetti a fenomeni di luce. La lunghezza d’onda d’interesse è 0,4 μm e 1,6 μm e quindi tra gli infrarossi e gli ultravioletti.


Richiami delle equazioni di Maxwell
Le equazioni di Maxwell descrivono qualsiasi fenomeno elettromagnetico e come sappiamo esse hanno infinite soluzioni. Sono 4 equazioni in 16 incognite.
E, H, D, B e J devono considerarsi vettori.


Per risolvere un tale sistema di equazione c'è bisogno che fissiamo le relazioni costitutive del mezzo1 e le condizioni al contorno. Ricordiamo che le relazioni costitutive sono leggi proprie del mezzo che lo caratterizzano a livello macroscopico (in meccanica), mentre, le condizioni al contorno è la condizione imposta alla soluzione di un'equazione differenziale (e quindi dove hanno validità le equazioni di Maxwell, in questo caso) che deve soddisfare ai margini del suo insieme di definizione. In optoelettronica, per semplificare la risoluzione di tali equazioni consideriamo il rapporto tra la lunghezza d'onda e la dimensione caratteristica del mezzo in esame molto più piccola di 1:




Infatti distinguiamo due casi, tra cui quello che interessa a noi:




Il caso che interessa a noi è quello in cui valgono le leggi dell’ottica geometrica e quindi il caso a. Mentre nel caso b valgono le leggi dell’elettromagnetismo classico. Questo perché la lunghezza d’onda in esame oscilla tra 0,4 μm < λ < 1,6 μm mentre l’ordine di grandezza della dimensione caratteristica delle strutture in esame è della frazioni di metro 10-1 < d < 10-2.

Prima di approfondire i concetti dell’optoelettronica e i vari dispositivi che la caratterizzano, rivediamo i concetti di ottica geometrica e di ottica parassiale.